I nostri due centesimi sulla Pallacanestro in Italia.

I nostri due centesimi sulla Pallacanestro in Italia.

Credo che fare pallacanestro oggigiorno, a livello professionistico, debba essere davvero faticoso: si è costretti a lottare contro costi, ricerca di giocatori, spazi, risultati e chi più ne ha più ne metta.

L’attuale metodo di reclutamento dei giocatori ha il medesimo leitmotiv degli altri sport: ricercare giocatori già formati da inserire in roster per ottenere nel minor tempo possibile un risultato in linea con gli obiettivi prefissati a inizio stagione. Purtroppo, questi obiettivi sono sempre commisurati a un budget economico; quindi, più è alto il budget, più gli obiettivi possono crescere. Ma questo sistema dove ci sta portando? Quali risultati ha ottenuto la pallacanestro italiana con questa corsa al risultato?

Parliamo di fatti: l’Olimpia Milano ha chiuso il bilancio per l’anno sportivo 2023/2024 con 40M€, il più alto del campionato di Serie A, acquistando giocatori del calibro di Nikola Mirotic (pagato 2,5M€ per stagione), senza qualificarsi ai playoff di Eurolega, perdendo la Coppa Italia in finale contro Napoli e vincendo lo scudetto, conquistando così la seconda stella. È un risultato accettabile?

Parliamo di Olimpia perché il suo proprietario, Giorgio Armani, famoso stilista di fama mondiale, ha investito molto in questa società, utilizzandola anche per sponsorizzare il suo brand. Non tutte le società hanno queste fortune. L’antagonista dell’Olimpia, la Virtus Bologna, quest’anno ha dovuto “sacrificare” la squadra di Serie A femminile per destinare quel budget alla prima squadra maschile, che sarà impegnata, oltre che nel campionato di Serie A, anche in Eurolega. Più scendiamo di fascia, più i problemi aumentano. Quanto può durare questo sistema? È un sistema sostenibile?

Una soluzione ci potrebbe essere, ma, come tutte le medicine, serve tempo per vedere dei miglioramenti. Non sto inventando l’acqua calda, ma una soluzione potrebbe essere quella di provare a creare i giocatori destinati alla nostra prima squadra. Abbiamo ottime scuole in Italia, tanti vivai che sfornano giocatori: basta pensare al settore giovanile dell’Olimpia Milano o della Stella Azzurra di Roma, o ad altre società venete come la Orange di Bassano e Cantù, che ogni anno vincono campionati giovanili nazionali. Le nazionali giovanili italiane hanno sempre ben figurato nelle competizioni europee, vincendo anche prestigiosi tornei.

Ma quindi, terminato il percorso giovanile, che fine fanno questi giocatori? Perché non li vediamo giocare nel massimo campionato italiano? L’usanza “italiana” è far fare la gavetta a questi ragazzi di 18/19 anni, relegandoli in panchina a fare numero o mandandoli a fare esperienza in categorie più basse. Purtroppo, il risultato è l’attuale situazione: prospetti giovanili che, per fare gavetta, si troveranno per anni nelle minors, senza mai avere la possibilità di giocare sui campi che contano.

Negli ultimi anni, non ci sono stati molti giovani che hanno avuto la possibilità di calcare quei campi per cui hanno dedicato sacrifici, sudore e passione. L’ultimo che ricordo è Gabriele Procida, nato nel 2002, che vidi vincere praticamente tutto a livello giovanile quando giocava a Cantù. Oggi, dopo qualche apparizione in Serie A, è dovuto migrare in Germania per giocare e dimostrare il suo vero valore, giocando da protagonista in campionato e avendo il suo spazio in Eurolega.

Questa è la mia visione: il nostro basket manca di una componente fondamentale che dovrebbe essere intrinseca a chi questo sport lo gioca, lo insegna, lo vive: la fiducia. Questo potrebbe voler dire rivedere i propri obiettivi, ma nel medio/lungo termine potrebbe essere una soluzione vincente a livello di club, nazionale e, soprattutto, per il movimento della pallacanestro italiana.

Scritto da: "Coach B."
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1 commento

Articolo che condivido al 1000% . Complimenti all’autore

Mazlo

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