Qual è la prima cosa che viene in mente se introduco il concetto di prestazione!? A prescindere dal contesto – sportivo, artistico o professionale – la maggior parte delle persone tende a soffermarsi su temi quali la preparazione tecnica, il duro lavoro, la disciplina. E, per quanto questi temi non rientrino all’interno dell’articolo di oggi, di certo non possono dirsi errati.
Per anni allenatori e sportivi si sono accaniti sulla pratica e sulla disciplina, sottovalutando però uno degli aspetti cardine della performance: la gestione emotiva. Eh sì, le emozioni sono una “lama a doppio taglio”: possono essere il nostro miglior alleato oppure un ostacolo insormontabile.
Quindi, di cosa parleremo in questo articolo? Cercheremo, per quanto possibile, di esplorare il complesso ruolo delle emozioni nella gestione della performance. Approfondiremo le principali difficoltà legate alla gestione emotiva e vedremo le strategie più efficaci per migliorare il controllo delle emozioni, soprattutto quando siamo sotto forte stress.
Il ruolo delle emozioni nella performance
Se siete d’accordo, partirei dall’inizio, andando un po’ a evidenziare il loro ruolo. Le emozioni hanno come principale scopo quello di permetterci di vivere. Non nel senso della sopravvivenza, quanto piuttosto relativamente alla qualità del tempo che trascorriamo da soli e con gli altri. Se la vita è un televisore, le emozioni sono le trasmissioni a colori. Una vita senza emozioni sarebbe, di fatto, una vita in bianco e nero.
Inutile dire, visto quanto premesso, che le emozioni giocano un ruolo cruciale in qualsiasi tipo di performance e che, a seconda del tipo di relazione che abbiamo con esse, possono fare la differenza fra un risultato eccellente e la peggiore delle prestazioni. Beh, non ci resta che scoprire come tutto ciò avviene.
Emozioni positive e negative
Le emozioni non sono necessariamente “buone” o “cattive”: il loro scopo è principalmente evolutivo. Se non fosse per l’ansia (parola alla quale oggi vengono associate spesso solo accezioni negative) non saremmo probabilmente sopravvissuti fino ai giorni nostri. Ma non solo: probabilmente non finiremmo nemmeno per impegnarci quanto serve per raggiungere il più piccolo dei risultati.
Le emozioni coinvolte nella performance sono almeno tre:
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Ansia → Può generare rigidità mentale e fisica, riducendo la capacità di esprimere il proprio potenziale. Tuttavia, se adeguatamente gestita, può trasformarsi in tensione al risultato, indispensabile per raggiungere la meta che ci si prefigge.
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Entusiasmo → Una carica di energia positiva che può migliorare la performance, ma che inevitabilmente, se non correttamente monitorata, può spingere a un eccesso di impulsività.
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Frustrazione → Può spesso derivare da errori o da risultati inferiori alle proprie aspettative. È collegata all’incapacità di accettare la propria fallibilità. Il vero pericolo di questa emozione è sul lungo periodo: può infatti intaccare, lentamente ma inesorabilmente, l’autostima.
Ma come funzionano le emozioni?
Potremmo dilungarci nello spiegare per filo e per segno il loro funzionamento a livello fisiologico; tuttavia, per quanto interessantissimo, non ci aiuterebbe direttamente nella comprensione del fenomeno. Credo sia sufficiente sapere che una qualsiasi situazione di difficoltà porta il nostro sistema nervoso autonomo a generare una risposta di tipo chimico, in grado di influenzare la persona a più livelli.
Ogniqualvolta questa risposta non riesce a essere gestita correttamente, si arriva generalmente a una diminuzione della lucidità, seguita da una “perdita di controllo” e, pertanto, spesso, a un peggioramento della performance.
Abbiamo quindi due possibilità: da una parte essere guidati dalle emozioni; dall’altra, invece, veicolarle per i nostri scopi! È un po’ come la differenza che c’è fra salire su un cavallo selvaggio, rischiando di essere disarcionati, o imbrigliare quel cavallo per sfruttare la velocità che solo un purosangue può fornire.
E come si gestiscono…
Il primo passo per non essere dominati dalle emozioni è quello di esserne consapevoli. Questo non vuol dire solo riconoscerle, ma anche non lasciare che prendano il controllo del nostro agire. Attenzione, però! Soffocare le proprie emozioni non vuol dire veicolarle. Le emozioni, in primis, vanno riconosciute e accettate.
Quando si parla di gestione delle emozioni, nell’ambito della psicologia dello sport, si intende generalmente la gestione degli eccessi emotivi. Le emozioni principalmente coinvolte in questa fase sono l’ansia e l’euforia/entusiasmo. La parte di gestione riguarda solitamente azioni che si svolgono nel momento in cui l’emozione emerge. Diverse, invece, sono le tecniche che si possono utilizzare per evitare che l’emozione sopraggiunga con quella intensità.
Qual è allora il segreto per una corretta gestione emotiva?
La gestione emotiva è strettamente legata a ciò che Bandura definì autoefficacia percepita, ovvero il “sapere di saper fare”. Ne consegue che, maggiore è la consapevolezza che abbiamo delle nostre capacità, migliore sarà la nostra performance sportiva. Ma come facciamo, quindi, a diventare maggiormente consapevoli dei nostri processi emotivi?
Esistono numerose tecniche: alcune richiedono una costante pratica quotidiana, altre invece ci aiutano a ridurre lo stress che sopraggiunge al momento della prestazione. Scopo ultimo di questi processi è raggiungere lo stato di flow.
Eh sì, quando si parla di emozioni e performance esiste un obiettivo ultimo: lo stato di flow. Ma cosa si intende con questo termine?
Il flow è quello stato in cui mente e corpo lavorano come un tutt’uno: non sei né distratto né teso, sei nel punto perfetto.
Il primo a parlarne è stato lo psicologo Mihály Csíkszentmihályi, che lo ha analizzato non solo nell’ambito sportivo, ma anche in quello artistico e lavorativo. Come potete vedere, il concetto si esprime in poche righe, ma raggiungerlo, vi garantisco, è tutt’altra questione…
Non dobbiamo però pensare allo stato di flow come a qualcosa di inarrivabile. Per usare una metafora, direi che non sto certo chiedendovi di imparare a levitare sul posto. Il flow è uno stato che tutti noi sperimentiamo occasionalmente. La pratica è ciò che ci permette di entrarvi a nostro piacimento (più o meno).
Il percorso è complesso, ma credetemi se vi dico che ne vale assolutamente la pena. Ci sono numerose tecniche con cui potete avvicinarvi allo stato di flow, ma il percorso e il tempo necessario sono diversi per ognuno di noi.
Vi è mai capitato di raggiungere questo stato? Quando è accaduto? Come vi siete sentiti?Fatecelo sapere! E alla prossima.