Bentornati su Sportivamente, la rubrica di psicologia dello sport promossa da Teste di Serie. Siamo oramai al nostro 5° appuntamento e ritengo quantomeno doveroso ricordare le nostre origini. Nei precedenti articoli abbiamo parlato della nascita della psicologia dello sport, prendendo come punto di riferimento il grande lavoro svolto da Ferruccio Antonelli nel 1965 (Articolo n°1 di questa rubrica) ma la verità è che la psicologia dello sport, o quantomeno un precursore di quest’ultima, nasce molto, molto prima: scopriamolo insieme!
Le sue radici: mens sana in corpore sano
Nonostante nasca ufficialmente nei primi decenni del XX secolo, già nell'antica Grecia, filosofi come Platone, Aristotele e Galeno riflettevano sulla connessione tra mente e corpo, gettando le basi concettuali per quelli che diventeranno i fondamenti della psicologia del sport come la conosciamo oggi.
Del resto non possiamo dimenticare che è proprio dagli antichi greci che arriva il detto: "mens sana in corpore sano", che sta proprio a sottolineare quanto la salute mentale sia profondamente collegata alla salute fisica. Questo ideale, profondamente radicato, non era pura speculazione teorica ma si rifletteva nella quotidianità degli atleti olimpici, il cui allenamento combinava preparazione fisica e pratiche mentali come la concentrazione e il controllo emotivo.
Il primo passo scientifico: Norman Triplett e la competizione
Da quel primo fondamentale “abbozzo” di psicologia dello sport, passeranno secoli prima che quest’ultima sia approcciata scientificamente. Dobbiamo infatti a Norman Triplett psicologo americano, la conduzione nel 1898 del primo esperimento empirico nell’ambito dello psicologia dello sport.
Affascinato dal fenomeno della competizione, Triplett si rese conto di come la performance dell’atleta venisse in qualche modo influenzata dalla presenza o meno di altri atleti che gareggiavano insieme a lui, determinando una sostanziale differenza fra la prestazione in solitario rispetto invece alla prestazione con altri. Il suo studio, condotto nel 1898, partì dall’osservazione dei ciclisti che sembrano migliorare la loro prestazione nel momento nel quale gareggiavano con altri anziché correre in solitaria.
L’ipotesi di Triplett fu che la competizione fungesse da stimolatore per una sorte di “energia sociale” in grado di spingere gli atleti oltre i propri limiti. Partendo da questo principio, decise di sottoporre gli sportivi a diversi compiti misurandone i tempi, sia da soli che in presenza di altri. Uno di questi esercizi, ad esempio, fu quello di dover avvolgere una lenza da pesca quanto più velocemente possibile. Alla fine, confrontando i dati, constatò che l’atleta in presenza di altri, riusciva a migliorare sensibilmente le proprie prestazioni grazie a quello che oggi chiameremo “facilitazione sociale”.
Coleman Griffith: il "padre della psicologia dello sport"
Dopo il lavoro di Triplett non ci furono grandi contributi se non dopo circa 20 anni con Coleman Griffith che, possiamo sicuramente affermarlo, portò la psicologia dello sport su tutt’altro livello. Griffith, professore all'Università dell'Illinois, fu infatti il primo a istituire un laboratorio interamente dedicato alla psicologia dello sport, dove condusse ricerche pionieristiche su temi come l'apprendimento motorio, la concentrazione e la pressione psicologica e scrisse anche testi fondamentali come The Psychology of Coaching (1926) e The Psychology of Athletics (1928), che non solo introdussero concetti utili per allenatori e atleti ma ha gettato le basi per lo sviluppo moderno della disciplina, dimostrando quanto la mente giochi un ruolo cruciale nelle prestazioni sportive (i greci ci avevano visto lungo…)
L'affermazione moderna: l’integrazione nella preparazione atletica
Nonostante il suo innovativo lavoro, la psicologia dello sport occupò uno spazio marginale fino a circa 30 anni dopo, con la fondazione dell’organizzazione professionale come la International Society of Sport Psychology (1965) che solo a partire dagli anni ’80 ha messa la psicologia dello sport nelle condizioni di affermarsi a livello globale, diventando una componente essenziale della preparazione degli atleti.
La psicologia dello sport oggi!
Con il riconoscimento della psicologia dello sport come disciplina a se stante, gli studiosi che vi si son approcciati sono moltissimi e questo ha sicuramente arricchito il materiale al quale si può accedere. Impossibile citarli tutti, tuttavia credo doveroso citare il lavoro di alcuni studiosi moderni il cui contributo è sicuramente degno di nota:
Giuseppe Vercelli
Psicologo dello sport e autore di La psicologia dello sport in pratica. Si concentra sull'applicazione pratica della psicologia per migliorare le prestazioni atletiche e il benessere mentale. È un professionista molto riconosciuto e seguito da tutti gli psicologi dello sport italiani.
Alberto Cei
Un altro importante autore italiano, noto per il libro Fondamenti di psicologia dello sport. Cei esplora i processi cognitivi, motivazionali e le dinamiche di gruppo nel contesto sportivo.
Robert Weinberg e Daniel Gould
Autori del celebre testo Foundations of Sport and Exercise Psychology, che è considerato una risorsa fondamentale per studenti e professionisti. Il libro copre una vasta gamma di argomenti, tra cui motivazione, gestione dello stress e leadership
Il contributo degli psicologi non è sicuramente il solo ad essere degno di nota. Vi sono infatti numerosi altri contributi di atleti e allenatori che hanno reso ancora più ampia la prospettiva della salute mentale nello sport, guardiamoli insieme:
"Open"
di Andre Agassi - Questo libro autobiografico attraverso l’esplorazione della carriera del famoso tennista, offre una visione molto intima delle sfide mentali e psicologiche che il tennista ha dovuto affrontato durante tutta la sua carriera. Non è chiaramente un testo accademico, tuttavia offre spunti molto interessanti sul concetto di resilienza.
"Mind Gym: An Athlete's Guide to Inner Excellence"
di Gary Mack - Con alle spalle diversi di anni di esperienza con atleti, in questo libro Gary Mack, consulente sportivo, condivide strategie pratiche per migliorare concentrazione e motivazione.
"The Inner Game of Tennis"
di W. Timothy Gallwey - Gallwey, allenatore di tennis, esplora come la mente influenzi le prestazioni e offre tecniche per superare le barriere mentali.
"Relentless: From Good to Great to Unstoppable"
di Tim S. Grover - Grover, un allenatore di atleti d'élite come Michael Jordan e Kobe Bryant, condivide la sua filosofia sulla mentalità vincente.
Come già sottolineato questi sono solo alcuni dei contributi con i quali psicologi, sportivi e allenatori hanno arricchito la disciplina della psicologia dello sport. E da alcuni dei concetti sopra citati possiamo sicurante affermare che ad oggi, la psicologia dello sport è una disciplina matura, con applicazioni che vanno ben oltre il miglioramento delle prestazioni atletiche. Gli psicologi dello sport lavorano non solo con atleti, ma anche con allenatori, squadre e persino organizzazioni sportive per affrontare temi complessi come la gestione del conflitto, la leadership e il cambiamento culturale.
Avresti immaginato che la psicologia dello sport avesse radici così profonde da arrivare all’antica Grecia? Hai letto alcuni di questi libri? Gli hai trovati utili? Allora faccelo sapere nei commenti!
Alla prossima!!!