E se fossi un campione di Tennis ma ancora non lo so? - SportivaMente #6

E se fossi un campione di Tennis ma ancora non lo so? - SportivaMente #6

PREMESSA

Bentornati su SportivaMente la rubrica di psicologia dello sport a cura di Teste di Serie. Di cosa parliamo oggi? Facile, oggi affrontiamo un argomento con il quale in un modo o nellaltro ci siamo confrontati tutti. Ed in genere il modo cui questa curiosità sopraggiunge è più o meno così:

ma se fossi un campione di tennis e non l’avessi mai scoperto perché nonostante io abbia 50 anni suonati non ci ho mai giocato?! 

Ahahahah ma vai va!

Eh, sì ragazzi. In genere la reazione di chi ci circonda è proprio una grassarisata. Però forse nel nostro chiederci quanto saremmo stati bravi a praticare uno sport si nasconde un tema che di fatto può fare la differenza fra un approccio amatoriale ed uno invece professionistico.  

Scegliere lo sport giusto non è facile. Soprattutto se consideriamo che già la semplice declinazione della parola giustopuò metterci in seria difficoltà. Visto però che noi di SportivaMente teniamo tantissimo al fatto che possiate praticare dello sport, ritengo doveroso aiutarvi a risolvere questo quesito. La questione è complessa, pertanto ho deciso di dividere larticolo in due parti: una prima parte dove tratteremo bambini ed adolescenti ed una seconda invece dove cercheremo di guidare i nostri “Testoni” più adulti.

LA CHIAVE PER LA SCELTA "GIUSTA"

Come possiamo capire se stiamo effettivamente praticando lo sport giusto? Ma poi, lo sport giusto esiste davvero? I motivi per i quali le persone si dedicano alla pratica sportiva sono molteplici, tuttavia, il più delle volte, anche per ragioni logiche, ad indirizzarci verso un determinato sport sono proprio i nostri genitori.  

Pertanto, se state facendo lo sport sbagliatodate tranquillamente la colpa ai vostri genitori. Lo so, lo so, ora direte che sono il solito psicologo, ecc, ecc. Però se prendessimo per vero quanto sopra, se steste praticando lo sport giusto si potrebbe dire che è tutto merito loro! Suona già meglio no? Vorrei fosse così semplice, ma ahimè, non lo è affatto.  

Cosa spinge infatti i nostri genitori a farci praticare uno sport piuttosto che un altro? Questa che è una domanda seria! Perché la risposta a questa domanda ci mette proprio nelle condizioni di avvicinarci ad un concetto di sport giustopoiché quest’ultimo verrà praticato in modo sano.

SLIDING DOOR

Il primo parametro per comprendere se stiamo praticando (o se stiamo indirizzando i nostri figli) lo sport corretto sono proprio le motivazioni per le quali ci troviamo a praticare lo sport che stiamo praticando. Ovvio è che la risposta a questa domanda può arricchirsi a seconda delletà e degli anni di pratica nello sport in esame (la risposta di un sedicenne sarà infatti differente da quella di un trentacinquenne). 

I nostri genitori, infatti, a seconda della modalità con la quale ci avvicinano al mondo dello sport, possono metterci nelle condizioni di ottenere risultati diversi. Avvicinare i figli allo sport che il genitore ha praticato (o ancora pratica) in gioventù non può certo dirsi sbagliato. È abbastanza normale/frequente che un figlio si interessi agli interessi dei propri genitori, cosa che avviene non solo per lo sport ma anche per la scelta dei valori. Tuttavia, vi è una grande differenza fra lo stimolare i propri figli attraverso la conoscenza e la pratica di qualcosa a noi noto (e che ci piace) e trasformare invece i nostri figli nelloggetto delle nostre aspettative.  

I genitori, e poi i figli, si trovano infatti spesso di fronte ad una sliding door: da una parte ciò che sarebbe giustofare e dallaltra invece ciò che più appaga.

UN BIAS MOLTO DIFFUSO

Sapete cosè un bias? Un bias è una sorta di meccanismo inconscio che altera la nostra deduzione/percezione in merito a idee e concetti. Ne esistono di diversi, fra i più diffusi vi è ad esempio il bias di conferma. Questo bias porta generalmente gli individui, quando si confrontano su idee diverse, a prestare maggiore attenzione a tutti quegli elementi che vanno a confermare la nostra idea, ignorando (senza che ce ne si renda conto) le prove che invece contrastano con la nostra opinione. 

Qui, a scanso di equivoci, serve una premessa. È innegabile che vi siano persone che relativamente a ciò che fanno riescono ad essere ineguagliabili perché posseggono un talento. Tuttavia, questi presunti talenti (come avviene per tutti gli sportivi) se non vengono allenati con costanza rimangono inevitabilmente inespressi. Quando vediamo un professionista eseguire unacrobazia in modo fluido e naturale, lerrore che la maggior parte di noi fa è di pensare che latleta in oggetto sia un talento naturale. Nessuno in realtà si sofferma a pensare alle ore e ore di allenamento che servono per raggiungere quel risultato (ed ecco qui il bias: quella persona è brava perché ha talento).  

Ora, se gli atleti professionisti sono giovani (direi anche molto giovani in alcune circostanze) e hanno spesso cominciato ad allenarsi fin da bambini (più e più volte a settimana con orari spesso discutibili), ci porterebbe a pensare che, non ci si spiega bene come, un bambino invece di giocare, divertirsi e fare quello che fanno tutti i bambini... abbia voglia di andare a fare fatica in palestra. Credo che lassurdità della cosa sia comprensibile a chiunque.

SIAMO VERAMENTE NOI A SCEGLIERE?

Ora, sulla scia del ragionamento fin qui fatto, potremmo dire che la maggior parte delle volte, se ci troviamo ad un livello molto alto, a scegliere forse non siamo stati noi, quanto piuttosto i nostri genitori. Quindi, visto che ci riesce così bene e siamo arrivati ad un livello così alto, stiamo facendo lo sport giusto? Forse , forse no. Però sulla base di quanto fin qui detto possiamo enunciare una prima regola per comprendere se siamo sulla strada giusta:

Il risultato di ciò che facciamo non è un parametro valido per determinare se ciò che stiamo facendo sia la cosa giusta per noi. 

Il semplice fatto di essere portati per uno sport non significa che dobbiamo dedicare la nostra vita a quello sport. O ancora se il grado di sofferenza, ansia, stress da sopportare è così alto, questo potrebbe non giustificare ciò che stiamo ottenendo.

L'APPROCCIO "CORRETTO"

Ma se a scegliere il percorso sportivo di un ragazzo sono i genitori, come possono farlo nel modo corretto? Semplice ma non facile. Sicuramente facendo chiarezza in merito al loro coinvolgimento rispetto ai successi sportivi dei propri figli. I ragazzi dovrebbero innanzitutto divertirsi. Quando la pratica sportiva diventa agonismo (ahimè) entrano in gioco istanze psicologiche molto differenti e che di certo non hanno sempre a che fare con la salute mentale (il prezzo del successo...). Un approccio sano dovrebbe mettere il genitore nelle condizioni di non riversare le proprie ambizioni sui figli, tantomeno i propri sentimenti di rivalsa personale. Come si fa? Diventando genitori risolti(ma questa è unaltra storia).

LE ALTRE VIE...

Non tutti approcciano lo sport spinti dai genitori. Non tutti i genitori finiscono per spingere più o meno consapevolmente i figli verso una qualche disciplina. Il secondo grande elemento decisionale riguarda infatti il gruppo dei pari. 

Sovente, infatti, i genitori lasciano ampio spazio ai propri figli, permettendogli di praticare diversi sport, anche diversificando nel corso degli anni. Ed è così che i ragazzi finiscono per praticare lo sport del gruppo dei pari. Anche questa strada non è priva di rischi. Se da una parte infatti abbiamo visto dei genitori che si accanisconosu di una disciplina specifica, dallaltra si rischia di avere dei genitori che sottovalutano limportanza della pratica sportiva in termini educativi, permettendo ai propri figli di saltare da uno sport allaltro senza di fatto chiedersi il perché ciò avvenga.  

Ricordate che lambito dello sport è un osservatorio privilegiato allinterno del quale è possibile osservare lo stato di salute mentale dei nostri ragazzi. Spesso un continuo cambio di disciplina potrebbe nascondere delle insicurezze, o rispetto al gruppo dei pari o rispetto alla prestazione. Pertanto, chiudere la questione con un non era abbastanza motivatoo non gli piaceva abbastanzanon va sempre bene.  

Se è vero che i ragazzi non devono essere costretti a praticare uno sport che non vogliono praticare, è altrettanto vero che nella richiesta di fare un passo indietrostiano di fatto cercando la rassicurazione del genitore. Pertanto, assecondare i propri figli senza indagare con lallenatore le possibili cause di questo abbandono può essere un grande errore.

MA ALLORA QUESTA SCELTA GIUSTA!?

Come al solito la via di mezzo è la migliore. La scelta giusta è mettere al centro i nostri figli e non lo sport che praticano. È un compromesso difficile, richiede molta messa in discussione e soprattutto deve metterci nelle condizioni di ascoltare con attenzione tutto ciò che non viene detto. Tutto ciò che si muove tra le righe.  

Piaciuto larticolo? Fatecelo sapere nei commenti. Sei un adulto e hai trovato questo articolo di poco interesse rispetto alla scelta dello spot giusto? Non temere, arriviamo con la seconda parte e vedrai che non ti deluderà!!!

Torna al blog

Lascia un commento

Si prega di notare che, prima di essere pubblicati, i commenti devono essere approvati.

Dr. Alessandro Acampora

Il dott. Alessandro Acampora, Dottore in Psicologia Clinica e di Comunità, ha conseguito la laurea magistrale presso l’Università Bicocca di Milano ed è iscritto all’albo degli psicologi con numero 03/12907.

Ha poi continuato il suo percorso formativo presso la S.E.P.I., Scuola Europea di Psicoterapia Ipnotica di Milano, conseguendo il titolo di Psicoterapeuta ed apprendendo, oltre alla pratica della Psicoterapia anche diverse tecniche: fra cui l’Ipnosi Neo- Ericksoniana ed il Training Autogeno.

Scopri di più ->